Il dibattito sul web Crisi politica e finanziaria Molti amici sul web discutono dell’alleanza del 2001 stipulata con Silvio Berlusconi come la data della crisi con cui si confronta oggi il partito repubblicano. Per la verità la crisi del partito repubblicano andrebbe collocata nel 1849, quando Mazzini e Garibaldi si scontrano sulla strategia di difesa di Roma e la Repubblica venne travolta. Un’altra crisi vi fu nella seconda guerra di Indipendenza. Una crisi ancora più grave avvenne quando fu siglato il patto d’azione con la monarchia e vi furono mazziniani pronti a dire che Mazzini si era venduto ai Savoia. Comunque poi ci fu quella del 1870 quando Garibaldi e Mazzini consumarono la rottura politica definitiva sulla guerra franco prussiana e la Comune di Parigi. Questa direte è storia vecchia. E va bene, ma nel 1922 allora non ci fu crisi più grave da immaginare di quella procurata dall’adesione del segretario nazionale del partito, Armando Casalini e delle principali organizzazioni della Romagna e delle Marche, al fascismo. E che dire della crisi del 1964 con l’espulsione di Randolfo Pacciardi? Solo una strategia politica di collaborazione con il partito di maggioranza relativa poté compensare uno strappo tanto incredibile. Nessuno si accorse invece della crisi del partito del 1978, che pure fu gravissima, con Ugo La Malfa in un governo tripartito presieduto da Giulio Andreotti. Ci se ne fosse accorti, saremmo stati più cauti nella ripresa dei rapporti con il nuovo Psi di Craxi. D’altra parte come si poteva non apprezzare la ventata riformistica del craxismo? E così il partito si divise anche su Craxi. E siamo arrivati in queste condizioni al ‘94, dove i principali ammiratoti di Craxi nel partito si erano candidati con i suoi vecchi nemici dell’ex Pci. Quella crisi la ricordiamo tutti perché almeno quella l’abbiamo vissuta e ricordiamo anche la risposta che fu data. Il partito passò il calvario dell’alleanza con i popolari e Segni, ma anche con Prodi, Amato, Tremonti e poi scelse un centrosinistra che era più corrispondente ai nostri connotati storici di quella che era stata la cosiddetta “macchina da guerra”, subito ingloriosamente sconfitta, dell’onorevole Occhetto,. Nel 1996 il partito fece uno sforzo generoso per l’Ulivo, con candidati come l’amico Saverio Collura impegnato a Roma contro Previti a Roma sconfitto per nemmeno mille voti. La Malfa ottenne un successo formidabile a Mirano e con lui vennero eletti altri due senatori anche con un po’ di fortuna. Il primo atto della nuova maggioranza fu di far aderire i due senatori repubblicani al Pds. Quando si chiese a D’Alema, allora segretario di quel partito, del senso di tale operazione, egli rispose che non poteva aiutare un morto. Pensate voi se il Pri poteva restare alleato di chi lo riteneva morto. Eppure lo rimase anche se il governo Prodi venne scalzato da una compagine che estromise tutte le parti moderate della coalizione per un esecutivo dove comandava Diliberto, si nascondeva Ocalan e si celebrava la Baraldini. Il partito nella sua alleanza con Berlusconi, cercò di intraprendere una nuova strada, dalle condizioni disperate in cui si ritrovava e la strada ebbe successo nel momento nel quale venne considerato come componente a tutti gli effetti della coalizione e rispettato per il suo peso politico, non certo elettorale, per lo meno fino al 2005. I problemi nacquero nel 2008 con il predellino ed il Pdl che rendeva impossibile la sopravvivenza del Pri nel centrodestra. La partecipazione a quelle elezioni in quella coalizione fu un errore, soprattutto quando nel gruppo dirigente e nel vertice del partito mancarono le sufficienti condizioni di compattezza. Ci fu un passaggio politico impetuoso, quello del presunto bipartitismo, alla base di questo sconquasso, a giustificare, se vogliamo, la mancata preparazione del gruppo dirigente. Tempo tre anni il Pri riprese interamente la sua autonomia, pagando un prezzo molto alto. E questo perché il sistema maggioritario e bipolare, se non sono sfociati nel bipartitismo, si sono comunque rafforzati e l’azione politica del partito è frenata da tale scenario, tanto che molti non se la sentono di poterla percorrere ancora, come non se la sono sentita nel 1994. La questione della crisi finanziaria però non c’entra con le questioni politiche, ha un’origine molto più semplice, anche se molto penosa, che si dovrà affrontare nelle sedi di giustizia. Roma, 15 settembre 2015 |